L'Angolo di Emanuele Bavieri': The Jimi Hendrix Experience - Band of Gypsys/Jimi Hendrix


Questa storia comincia con lo scioglimento della band The Jimi Hendrix Experience avvenuta nel 1970. E perché? Eppure c’è stato qualcuno che, sentita la band, ha detto: “da oggi il Rock non sarà più lo stesso”º ed è certamente vero, ma andiamo in ordine e cerchiamo di capire bene questa frase e cosa portò Hendrix a questo cambiamento radicale del gruppo e anche del management.
La domanda più precisa è: ma cosa era successo negli anni precedenti alla rottura della band?
Ecco, dobbiamo dire che la carriera musicale di Jimi Hendrix fu piuttosto agitata e che, prima di conoscere il batterista degli Animals, aveva tentato più volte di mettersi in mostra soprattutto nelle esibizioni live fatte nelle formazioni musicali con conosciuti musicisti dell’epoca per dirne qualcuno: Sam Cooke, Wilson Pickett e anche Little Richard.

Quest’ultimo si dice che ebbe dei risentimenti nei confronti di Hendrix in quanto era, a suo parere, troppo esibizionista.
Nel 1967 - l’anno in cui esce l’album dei Beatles ‘Stg. Peppers Lonely Heart Club Band’ - dopo lunghe peripezie e contrasti con i vari musicisti dell’epoca Hendrix finalmente trovò Chas Chandler che lo notò in un locale e “diventa subito suo manager e decide di investire sull’artista nero tutti i suoi guadagni”¹ ma il chitarrista non funziona troppo come solista e così scelgono di proporlo in una formazione a tre sull’onda del momento, come avevano già fatto anche i Cream. Da questo momento parte la carriera vera e propria di Hendrix.

A mio parere i due album “Are you Experience” e “Axis: Bold as Love” (1967) sono come un buco nero, un vuoto che risucchia tutto quello che gli sta intorno. La musica di questi album inganna fortemente l’ascoltatore che crede di trovarsi davanti a suoni con i quali si provi una violenta espansione in avanti, come un forte vento che ti spinge verso l’orizzonte, verso altri lidi, che porta verso una maggiore consapevolezza di sé, mentre invece questo suo “vomito” musicale è uno tsunami che spinge alla deriva, un’attrazione fortemente gravitazionale, una spinta indietro, una forza centripeta in direzione del buio e non della luce, in una dimensione spazio-temporale confusa e compatta, in una frenesia dove tutto ciò che accade deve avvenire subito e ora.

Pare che il musicista voglia produrre come una lotta interiore tra l’ascoltatore e un qualcosa che è in realtà l’assurdo pretesto del compositore di voler dire un qualcosa che non si riesce a comprendere esattamente cos’è e aggiunge così nelle sue esibizioni dal vivo altri pretesti a dimostrazione di una ipotetica capacità artistica come il suonare la chitarra dietro la schiena (anche se non era il primo a farlo) oppure con i denti oppure simulare rapporti sessuali con essa (per questo motivo riesce a stimolare anche eroticamente), incendiarla e distruggerla sul palco insomma una vera e propria carrellata di esasperazioni nella ricerca obbligata di attenzione.

Comunque i brani di questi due album si fa fatica a reggerli tutti, se ancora si hanno buone orecchie, una o due già si digeriscono male, ma ancora più forte è quello che si prova, è come un risucchio dell’anima interiore di chi ascolta, praticamente si è sballottati verso un cortocircuito mentale che è costruito appositamente per indicare strade alternative che dovrebbero portare all’illuminazione.

Ma è certo che questa musica invece di divertire e illuminare porti forte angoscia e depressione e non per empatia, ma semplicemente per la forte vibrazione sonora che eccita spingendo verso un abbrutimento, ed è molto potente e aggressiva e avvolge il fruitore che inconsapevolmente viene spinto verso il vuoto, un vuoto che riesce ad agire sulla persona sia da un punto di vista fisico che spirituale facendole desiderare qualcosa di altrettanto estremo che lo riempia e non è un caso che molto più spesso questo accade per mezzo dell’uso di droghe o come accadeva all’epoca di barbiturici. Infatti in un’intervista Jimi Hendrix ebbe a dire: “con la musica si può ordinare al subcosciente ciò che si vuole”²


Quindi fondamentalmente questo autore non è così originale come lo si vuol far credere e penso che solo la chitarra elettrica forse è l’unica nota abbastanza innovativa rispetto a quelle precedenti, ma niente di più. Esaminando alcune delle sue canzoni sembra che voglia portare in questa direzione distorta e continua l’ascoltatore, che lo voglia avviluppare, circuire e incatenare in questa sfrenante allucinazione. È come se preannunciasse un disturbo paranoico continuo e con questo si sforzi per trapassare e poi vincolare su quella strada anche i fruitori, come se volesse che questo disturbo, questo suono distorto, questo deformato delirio facesse compagnia anche a chi questo suono, grazie a Dio, non lo vive e non lo percepisce se non a causa sua. Non è un caso, infatti, che il secondo brano dell’album “Are you Experienced” s’intitoli proprio: “Maniac Depression” e non è un bell’ascoltare, sia musicale che testuale, appunto, anche “Purple Haze” risulta piena di stravaganze inutili. Ma anche il secondo album ha vette di ascolto impossibile, basti pensare a “Exp”, “Bold as Love” o “Little Wing”, brani che risultano confusionari e instabili alla fine dei quali senti un forte squilibrio mentale, questo è dovuto naturalmente non solo al suono ma anche alle scelte delle note emesse e alle scelte di power chord e distorsioni spinte all’eccesso appositamente per disturbare continuamente l’utente. Questa musica è certo che spinga con forza a fare uso di droghe, sembra fatta apposta per questo, ed è molto insistente la sensazione di desiderare qualcosa di diverso per uscire dalla quotidianità. L’altro brano di cui accenno è “Foxy lady” il primo brano dell’album “Are you Experienced” che ritengo discutibile e per niente buono per i motivi già detti.

Poi l’album “Electric Ladyland” 1968 Un trito di tutto quello che sapeva fare con le solite scale blues e i soliti assoli alla chitarra, le solite dinamiche, i soliti bending, il solito tutto insomma… cose che vengono quasi ignorate da tutti gli artisti eccetto che da Bob Dylan e non si capisce il perché. La chitarra elettrica suonata dal mancino che cerca disperatamente di essere fiammeggiate e multicolore, ma che risulta a parer mio la solita zuppa musicale, niente di evocativo, niente di fantasia, niente di niente: uguale ai dischi precedenti, d’altronde solo quello sapeva fare e cerca di farlo al meglio che può, per carità, si può capire, ciò accade anche con molti dei musicisti epigoni moderni… poi ancora questa forma psichedelica astrusa e fuori luogo in cui l’unica rivelazione dell’anima (Psychedelia) è la superficialità e l’esibizionismo. Ancora molti dei posteri si chiedono cosa ci sia di così interessante in questo musicista da portarlo al trionfo in questo modo…

“Ebbe un fittizio trionfo a Woodstock , luogo deputato dei grandi raduni rock, imitando con la chitarra i devastanti bombardamenti americani in Wietnam ma non ebbe lo stesso riscontro all’isola di Wight nel 1970”³ Probabilmente la sua inconcludente angoscia lo portò a questa situazione fino alla rottura della formazione e a cambiare in tronco tutto il management, forse pensava in questo modo di dare un nuovo e ampio respiro alla sua musica, se così mi è permesso di chiamarla.

Esce ‘Band of Gypsys’ (1970) della band omonima appunto, tutto nuovo eccetto il chitarrista e cantante. Bene un’occasione per dimostrare un po’ di talento è finalmente arrivata. Devo dire che la celebrazione di questo musicista non arriva neanche in questo caso, nonostante l’album sia un live dal quale oltretutto di solito ci si aspetta di più e invece è veramente deludente e ripetitivo e oltretutto peggiore di tutti gli altri fatti precedentemente. Uno di quegli album che rimangono impressi per la noia che si prova ad ascoltarlo, anche qui non dà tanto ed è ancora e continuamente alla ricerca di qualcosa che più spesso sembra l’abbia quasi trovata in qualche modo, quella che possa almeno far dire ecco un contenuto, ma è un inganno perché d’improvviso sparisce da sotto alle nostre orecchie e dà spazio di nuovo a quel suono che infastidisce e si insinua nella mente. È un’ossessione perpetua, un continuum in peggio dei lavori precedenti non c’è niente da dire. L’epilogo di questa storia arriva con una generica delusione di Hendrix e con la conseguente assunzione di cocktails letali che lo porteranno alla morte il 18 settembre del 1970, a soli 27 anni, per soffocamento nel proprio vomito. Noi speriamo che alla fine, dopo tanta oscurità, nell’ultimo momento della sua vita abbia potuto aprirsi alla luce, quella vera.

Emanuele Bavieri

0. Cit. E. Gentile & A. Tonti ‘Dizionario del pop-rock’, 2006 pag. 104 1. Cit. ‘Grande Enciclopedia del Rock’ Un progetto di Riccardo Bertoncelli. A cura di Federigo Guglielmi e Cesare Rizzi, 2002, pagg. 376-377 2. ‘Live Magazine’ Rivista cartacea del 3 ottobre 1969 cfr. anche in W. Salin ‘Il canto di Satana’, 2006 pag. 69 3. Walter Mauro ‘La musica americana dal song al rock’, 1994, pag. 73