Conosciamoli meglio: i 'Bolivar' sono composti da Lele Spadaro (Voce), Carlo Spadaro (Piano, Tastiere, Synth, Sequencer, Voce), Alessandro Cavallaro (Chitarra), Enrico Bellissimo (Chitarra), Gabriele Fonti (Basso) e Gianmarco Bellardini (Batteria, Backing Vocals).
Il 'complesso musicale' affonda le proprie radici tra il 2010 e il 2011: nasce a Pontinia, un piccolo e giovane comune dell'Agro Pontino, nell'altrettanto giovane Provincia di Latina.
Dopo i piccoli successi locali e regionali, dopo tantissimi Festival, Piazze, Club e locali, dopo vari tentativi di accesso in alcuni Talent Show e dopo le prime incisioni amatoriali, i Bolivar producono il loro primo Ep ufficiale presso gli UpMusic Studios di Cernusco sul Naviglio (Milano). Composto da 3 tracce, la produzione artistica dell'Ep viene curata dal produttore Enrico 'Kikko' Palmosi, con la collaborazione di altri professionisti del settore per missaggio e mastering, tra i quali l'ingegnere del suono britannico James Reynolds.
Nel 2015 viene girato il primo videoclip, relativo al primo singolo d'uscita dei Bolivar.
Il brano si intitola 'Oltre Ogni Ragionevole...' con regìa curata dal director romano Paolo Marchione.
Successivamente alla produzione dell’ep i Bolivar cominciano ad iscriversi a vari concorsi nazionali tra i quali Festival Show 2016 per il quale sostengono le prime fasi di audizione il 23 Aprile 2016 a Roma e le finali a Caorle (VE) il 7 e 8 Maggio 2016, dove una volta selezionati tra le 30 proposte emergenti più interessanti si esibiscono davanti a giudici di altissima qualità come Mogol, Red Ronnie, Tino Silvestri, Paola Folli e Dariana Koumanova.
Ottengono qui l’accesso tra i 12 finalisti del tour estivo.
Il brano “Oltre ogni ragionevole" è attualmente in finale e da oggi anche all'interno della playlist della Musicland 2.0 in particolare nella playlist video delle ns Preview del mese in corso.
Durante lo stesso periodo i Bolivar vengono anche selezionati da Rockit.it come band emergente rappresentativa della Regione Lazio.
«Siamo nella scena di un processo, dove sta per essere condannato un innocente. L'imputato in questione è accusato di possedere una dote, una sorta di potere inesplicabile che, in succo, è quello dell'arte. E quest'uomo passerà per un matto. La storia è raccontata in prima persona dall'imputato, ma ci sono anche degli spostamenti di prospettiva e di punti di vista. E il protagonista si difende esprimendo più o meno questo concetto: "Come puoi tu, che vivi una vita costantemente formalizzata, guidata dai tuoi codici e dai tuoi abiti, che hanno ormai preso il sopravvento sulla tua natura di uomo, come puoi tu che sei il prodotto di parole che qualcun altro ha scritto perché tu le applichi, giudicare chi invece è atto spontaneo, creativo, e che dunque non puoi comprendere?". Ma ad uno snodo cruciale di questa storia surreale si scopre che, tutto è il prodotto di un'ennesima arte, che si tratta semplicemente della scena di un film surreale e che dietro il tutto c'è un altro uomo, il regista del film, che a sua volta sarà giudicato per matto, per aver partorito questa storia».
Stefano Barsotti